Inauguriamo questa rubrica di esplorazione artistica urbana con un reportage, articolato su più episodi, interamente dedicato alla stazione dei treni di Scandiano.
In questa prima puntata, esamineremo un paio di opere facenti parte dello stesso ciclo di protesta adolescenziale, ad opera di autore anonimo che per convenzione chiameremo “Maestro delle epigrafi accavallate”.
La prima opera, indicata dal nostro anonimomonimo collaboratore, è la seguente:
Questa epigrafe di proporzioni massicce si presenta come un unico agglomerato di frasi sconnesse. Un esame più approfondito, tuttavia, rivela che la genesi di quest’opera è articolata e va attribuita ad almeno due persone diverse.
Dapprima, un artista precedente ha scritto la frase (indicata dal collaboratore): CI VOGLIONO IGNORANTI, CI AVRANNO RIBELLI; successivamente, il Maestro delle epigrafi accavallate ha ritenuto opportuno integrare il messaggio con la scritta in primo piano: SIAMO DIVENTATI CIÒ CHE DA PICOLI RIMPIANG(evamo?).
Vi sono almeno due prove a sostegno di questa tesi. La prima è di carattere grafologico: nell’epigrafe del CI VOGLIONO la lettera G è tracciata in un unico tratto antiorario, a volte con un importante “gancio” nella parte superiore, e tratto orizzontale dall’esterno verso l’interno; a lettera E è vergata in tre tratti, il cui primo, a forma di L, presenta l’elemento inferiore nettamente inarcato verso l’alto (per questa ragione è possibile che l’autore di questa scritta sia in realtà un’autrice). Al contrario, la G dell’epigrafe SIAMO DIVENTATI è articolata in due movimenti, e il tratto orizzontale procede dall’interno verso l’esterno; similmente, la E è articolata sempre in due tratti, ma l’inferiore è perfettamente orizzontale.
La seconda prova è legata all’usus scribendi: l’autrice dell’epigrafe CI VOGLIONO utilizza una lingua semplice ma solida, mentre il Maestro delle epigrafi accavallate mostra diverse incertezze (come lo scempiamento delle geminate di ‘piccoli’ in ‘picoli’).
Abbiamo ragione di credere che il Maestro sia intervenuto successivamente alla prima Autrice perché è evidentemente partito in canna a scrivere grandissimo, poi già dopo il DIVENTATI ha realizzato il problema della mancanza di spazio e della potenziale confusione con l’epigrafe adiacente: ha inserito dunque una sorta di parentesi fra DIVENTATI e CI VOLEVANO, per evitare che un ignaro spettatore leggesse SIAMO DIVENTATI CI VOGLIONO IGNORANTI…
Successivamente, già con l’ansia di terminare il poco spazio a disposizione, il Maestro ha scritto la riga successiva, in un modulo decisamente minore e partendo con più margine a sinistra. Il verso doveva essere, evidentemente, CIÒ CHE DA PICCOLI RIMPIANGEVAMO; tuttavia, oltre ad aver scritto PICOLI, il Maestro non è riuscito a completarlo, perché CI AVRANNO RIBELLI era già ad occupare la porzione di muro necessaria.
Ecco che si rivela il talento dell’artista: dopo aver tentato maldestramente di restringere il modulo di RIMPIANG per farlo stare nelle poche piastrelle rimaste libere, il Maestro ha evidentemente rinunciato a questa impresa disperata e ha cercato di usare a suo vantaggio la precedente iscrizione: la C di CI AVRANNO diventa così una E di forma onciale, con la semplice aggiunta di un tratto orizzontale, mentre la I diventa il primo tratto di una V inclinata di 45 gradi verso destra. Mancano solo tre lettere: AMO. La A viene inserita fra il CI e la A di AVRANNO, tuttavia a questo punto, resosi conto di aver fatto un po’ di casino, il maestro abbandona l’opera, incompiuta.
L’imprevista cooperazione dei due artisti dà dunque origine ad una nuova epigrafe composita, che legge quanto segue:
SIAMO DIVENTATI ( CI VOGLIONO IGNORANTI
CIÒ CHE DA PICOLI RIMPIANGEVAAVRANNO RIBELLI
Il Maestro, tuttavia, non ha abbandonato il proposito, e pochi metri più in là, forte di molto più spazio a disposizione, ha ritentato l’impresa.
Salta agli occhi innanzitutto il RIMPIANGEVAMO ora troneggiante in un modulo quasi doppio rispetto al resto dell’epigrafe ed accompagnato da tre sottolineature di trionfo: il Maestro ce l’ha fatta, ha completato la sua opera.
Rimane la cifra stilistica del PICOLI e una nuova svista grafica: invece che scrivere CIÒ CHE, il Maestro sembra dapprima avere scritto CIÒ CIE, forse per dittografia (CI – CI). Ha dunque corretto la I in H aggiungendo un tratto discendente che la rende una h minuscola di forma vagamente insulare od onciale. Il lettore attento ricorderà l’espediente dell’epigrafe precedente per trasformare una C in E: anche qui un solo tratto, anche qui l’esito della mutazione è una lettera onciale.
Per concludere, si noti un “By Ossa” al di sopra dell’opera: forse, dopo questo tentativo, l’autore ha ritenuto opportuno firmarsi, e questo potrebbe suggerire di identificare il Maestro delle epigrafi accavallate con “Ossa”.
SIAMO DIVENTATI CIÒ CHE DA PICOLI RIMPIANGEVAMO: cosa avrà voluto dire Ossa con questa frase? Che rimpianti può mai avere un “picolo”? Come fa un adolescente ad identificarsi con un rimpianto di fanciullezza? Forse che al posto di “rimpiangevamo” l’autore intendeva “temevamo” o “paventavamo”? Non abbiamo una simile presunzione. Tali domande, forse, sono destinate a rimanere irrisolte.